IL TITOLO DEL CAPITOLO

Il titolo di questo XXII Capitolo Generale è:

 

OGGI…. VI E' NATO UN SALVATORE....ANDIAMO FINO A BETLEMME!

Ripensiamo la nostra presenza nella Chiesa e nel mondo illuminate dalla nascita di Cristo

 Durante il cammino di preparazione  a questo Capitolo, come Consiglio Generale e come Commissione Precapitolare abbiamo cercato di capire quale dovesse essere il tema di fondo attorno al quale  avrebbe dovuto costruirsi tutto il lavoro ed inizialmente avevamo puntato sul tema della Formazione (intesa anche e soprattutto come formazione permanente), giacchè da tempo si avverte la necessità di un progetto che unifichi e comprenda tutto il materiale, le varie tappe formative e i loro piani relativi, uno strumento che aiuti a coordinare il lavoro delle maestre e che favorisca i confronti e i passaggi garantendo una continuità nei contenuti e una convergenza di metodi e stili. Dopo la prima fase preparatoria però, confrontandoci con i risultati dei  gruppi “focus”, dietro suggerimento del Dott. Becciu e facendo tesoro di quanto tutte le sorelle ci avevano comunicato, abbiamo colto il bisogno che generalmente emerge, di riorganizzare bene le nostre risorse per dare al Signore la risposta che si aspetta da noi.

Ci siamo accorte che, da quanto emerso negli incontri preparatori, le esigenze più profonde della base erano più indirizzate alla necessità di una migliore organizzazione, un po’ a vari livelli [1]

Alla luce, dunque, del lavoro che comunitariamente abbiamo fatto e tenendo conto di tutte le suggestioni emerse sia tramite i questionari, sia tramite i “focus” ci siamo trovate a proporre alcuni titoli di cui la maggior parte esprimevano la tensione di un cammino verso le fonti carismatiche. In conclusione, cercando la convergenza:tra le varie ispirazioni, ci siamo accorte che potevamo scegliere un titolo che richiamasse esplicitamente il senso della nostra vocazione carismatica coincidente con il nostro piccolo posto nella Chiesa, ossia il nostro essere chiamate a vivere e ripresentare il mistero ammirabile della beatissima nascita del Signore Gesù a Betlemme.

Per noi, infatti, ripensare il nostro compito nella Chiesa e per il mondo equivale a ritornare alle radici, all’ispirazione carismatica che ha portato il nostro Fondatore a darci il nome di Suore del SS. Natale di Nostro Signore Gesù e ad indicarci un modo concreto di vivere la nostra vocazione all’interno di una missione educativa e assistenziale come risposta ai bisogni e alle esigenze-emergenze di un certo tipo di povertà propria di quel tempo e di quel contesto storico e socio-culturale.[2]

L'icona biblica a cui vogliamo guardare, anche oggi come allora, è quella del Natale [3]. Vogliamo, in particolare, rifarci all'esperienza dei pastori:[4]

- nel loro ricevere nell'"oggi" un annuncio di salvezza che è esperienza mistica,

- nel loro decidere di andare, organizzandosi per questo, facendo ricorso alle loro risorse,cercando la strada, confrontando e riconoscendo i segni indicatori,

- nella loro esperienza contemplativa di un evento che cambia la vita

- nel loro divenire annunciatori e testimoni di una novità che coinvolge e trasforma

Abbiamo avvertito che questo titolo può essere adatto ad esprimere la tensione verso la sorgente ma contemporaneamente anche l’orientamento verso una novità che il Signore ci sta preparando e che la maggior parte di noi avverte più o meno consapevolmente nel proprio cuore come appare chiaramente dalle tante immagini di vita nuova  che sono emerse nelle rappresentazioni immaginative espresse in conclusione al questionario.[5]

Con questo titolo ci sentiamo anche pienamente in sintonia con quanto ci ricordano le nostre Costituzioni a riguardo del compito del Capitolo Generale[6]

 

IL TEMA CENTRALE DEL CAPITOLO

 Alla luce di quanto già espresso sopra, a proposito del titolo del Capitolo, credo di poter affermare che il tema centrale a cui dobbiamo continuamente guardare sia, in riferimento al dono (carisma) ricevuto tramite i fondatori e trasmesso a noi dalla tradizione, dalle sorelle che ci hanno precedute, e guardando alla missione ad esso connessa nella Chiesa e per il mondo di oggi:

 - prendere coscienza sempre più chiara dei doni di natura e di grazia: delle forze a disposizione, delle opportunità storiche e socio-culturali, oltreché della ricchezza del cammino già fatto, dell’eredità ricevuta, perché sentiamo di essere chiamate a intravedere, in spirito di discernimento, confrontandoci con le sfide dell’”oggi”, ai vari livelli:  le attese del cuore di Dio sulla Congregazione.

-Per questo sarà importante fare il punto della situazione, verificare le risorse concrete in base alle quali progettare la nostra presenza nella Chiesa e per il mondo per il prossimo sessennio ma anche con uno sguardo all’orizzonte più lontano sia nel tempo, sia nello spazio

- Individuare gli aspetti da modificare, gli interventi da fare rispetto a ciò che ci limita, ci impedisce di valorizzare la presenza carismatica, ci fa disperdere forze e o tempo e si ripercuote anche sulla testimonianza di vita comunitaria e apostolica.

.Per svolgere bene questo compito abbiamo bisogno di assumere un atteggiamento di ascolto reciproco e della realtà storica e scio-culturale dell’”oggi”, di apertura, di non giudizio, di distacco da noi stesse, dai nostri progetti personali, dalle nostre vedute particolari. E’ compito di tutte e di ognuna il creare un clima di accoglienza, di collaborazione fraterna, ben consapevoli che siamo al Capitolo Generale per rappresentare l’intera famiglia delle Suore del SS: Natale e non per motivazioni personali, per quanto buone e lodevoli possano essere.

Invito tutte e ciascuna a pregare vicendevolmente perché il Signore ci conceda di compiere questo servizio alla Comunità in serenità d’animo e con tutta la buona volontà di dare il proprio apporto con semplicità e vero amore disinteressato, per il bene della Congregazione e a gloria del Signore Gesù.

RIFERIMENTI BIBLICI

. Le nostre Costituzioni ci ricordano: “Il Figlio di Dio, incarnandosi, spogliò e umiliò se stesso (cfr. Fil. 2, 7-8) per la gloria del Padre e per la nostra salvezza. Meditando e contemplando questo mistero, la suora del SS. Natale comprenderà in quale modo anche lei deve essere strumento di salvezza per i fratelli…”[7].

Il nostro Istituto, dunque, trae la sua forza vitale dalla contemplazione di Dio che si rivela nella povertà e nella semplicità di Betlemme e si fa uomo per la salvezza dell’umanità.

Il dato carismatico, così come appare dal racconto biblico, è semplice e solenne a un tempo, della semplicità evangelica propria della nascita a Betlemme, in un ambiente rurale, bucolico, notturno,   fuori dalle mura della piccola città e solenne come l’annuncio angelico fatto ad alcuni pastori.. Si tratta di una manifestazione di origine soprannaturale. Un angelo appare, la gloria del Signore avvolge di luce i pastori, questi vengono presi da grande spavento come sempre accade quando la piccolezza e indegnità dell’uomo s’incontra con la santità e la magnificenza di Dio.

Poi viene manifestato il motivo dell’apparizione: è una comunicazione di salvezza per l’uomo, o per tutti gli uomini. L’angelo annunzia ai pastori una grande gioia, che non sarà solo per loro, ma per tutto il popolo. Il motivo della gioia è nella nascita del Messia che così viene presentato al mondo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore”.

La risposta dei pastori non si fa attendere: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».

Essi credono alla parola dell’angelo, si decidono insieme e vanno. Invitati dall’angelo a recarsi a Betlemme; credono…vedono….e annunciano a loro volta. Per loro l’evento non rimane estraneo. Esso diventa motivo di lode e di gloria da innalzare a Dio, che compie cose prodigiose.

Come ci ha ricordato P. Luca Isella negli incontri preparatori nel tempo natalizio:“C’è un verbo che esprime la deliberazione dei pastori: “andiamo, dunque” come dire noi non abbiamo niente da perdere. “Andiamo” ma lo mette in una maniera tale nel testo l’evangelista Luca che ci fa toccare con mano che in realtà sei tu che leggi il Vangelo che devi prendere e andare, che devi seguire i pastori, perché vuoi scoprire chi è Gesù, devi andare con i pastori c’è poco da fare, ti accorgerai che il Signore ama il pastore che c’è in te, il povero, poveraccio. Il bisognoso che c’è in te, il Signore ama la povertà che c’è in te esattamente come voi nel vostro mistero nella spiritualità del SS. Natale amate il Cristo che deve crescere nelle persone che soccorrete, nell’istruzione che date, nell’assistenza, in tutto, ebbene tutto questo andare è andare incontro a Cristo non solo alle situazioni ma nelle situazioni.”[8]

Da questo racconto biblico si motiva il tema del nostro Capitolo. Anche noi, in questo particolare momento della nostra storia stiamo cogliendo l’invito di Dio a  ritornare alle origini e trarre dalla contemplazione del mistero del Natale, nuova linfa e nuove motivazioni per riorganizzare e forse riorientare il nostro “andare”, il nostro “vedere”, il nostro “agire” da cui sgorgheranno, a Dio piacendo, motivi nuovi per “lodare”e magnificare il Signore per le Sue grandi opere.

La logica del nostro operare dovrebbe dunque essere condotta dai tre verbi: Vedere, obbedire, servire. E’ la logica che ha sostenuto l’esperienza vocazionale dei nostri fondatori ed è naturale che sia così in quanto è la stessa logica seguita dal Verbo nell’Incarnazione così come viene descritta dalla Parola in vari altri testi fondanti del nostro carisma tra cui i più importanti e direttamente riferiti al Cristo, sono:  un brano della lettera agli Ebrei:

“poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: ”Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà.”[9]

e un brano della lettera ai Filippesi: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre[10].

Il “vedere”, l’”obbedire” e conseguentemente il “servire” sono illuminati, ispirati dalla Parola e in particolare dal Vangelo.

Cito ancora P. Luca: “Ci rifacciamo al Vangelo per conoscere questo famoso Messia che nasce e qui invece il Signore ci prende per mano e ci porta: “vieni con me dai pastori, andiamo dagli immigrati che vengono da fuori, che non sanno niente, che hanno bisogno di tutto”…

Ci chiediamo: “come ci interpella questa Parola oggi?”: .Oggi, ecco l’annunzio, oggi, non poi, non domani: oggi! Vi è nato, cioè è nato per voi  un Salvatore     Un Salvatore, ed è per tutti”. Abbiamo bisogno di un Salvatore? E qui scatta la fede. Il mistero di colui che nasce, il mistero vuol dire il Sacramento, l’iniziativa, l’agire di Dio.. che è per l’uomo, comincia a partire dall’ultimo uomo, dal più piccolo uomo, perché nessuno si senta così, scartato, insufficiente, non esiste uomo tanto povero da non essere amato da Dio, non esiste. È  nell’oggi. .. C’è il tema dell’oggi, non  domani, c’è il tema del Cristo Signore il Salvatore, e il segno, l’ultima cosa è questo contrasto, tra la gloria di Dio e la povertà dell’uomo. ….È importante notare che non trova il Cristo, se non chi si da  fare e si affretta…..Quindi tutto questo ci dice, nella visita dei pastori, che nessuno di noi può accostarsi a leggere la vicenda di Cristo che nasce, se non chi si dispone a seguirlo sul terreno operativo di amare davvero.

Gesù non è uno che si conosce per via di informazioni su di lui, questo lo lasciamo ad Erode, ma Gesù oggi è uno che lo si incontra e se ne fa esperienza solo da parte di chi si mette sulla sua strada e  ciò che ha dà….., incontra  un povero lui è qua, c’è una persona che soffre che ha bisogno di crescere lui è qua.”

…L’evento che sconvolge la mia storia personale e l’Istituto è radicato carismaticamente su questo tesoro prezioso: Cristo che germoglia dentro alla povertà umana e io che servo, vivo per servire questo germogliare di Cristo, ed è bellissimo questo, non ringrazierò mai Dio a sufficienza per questa chiamata.”[11]

E’ dunque a Cristo Signore, Verbo incarnato e Figlio del Padre che per nostra salvezza “discese dal cielo” che dobbiamo guardare, a Lui dobbiamo andare e da Lui trarre ispirazione per ripensare la nostra presenza nella Chiesa e nel mondo. Nell'eternità "il Verbo era presso Dio", [12] cioè in perfetto vincolo di comunione col Padre. Quando si fece carne, questo vincolo cominciò ad esprimersi in tutto il comportamento umano di Gesù. Sulla terra il Figlio viveva in costante comunione col Padre, in un atteggiamento di perfetta obbedienza d'amore. L'entrata dell'eternità nel tempo è l'ingresso, nella vita terrena di Gesù, dell'amore eterno che unisce il Figlio al Padre. A questo allude la Lettera agli Ebrei quando parla delle disposizioni intime di Cristo, nel momento stesso della sua entrata nel mondo: "Ecco io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà". [13] L'immenso "salto" dalla vita celeste del Figlio di Dio all'abisso dell'esistenza umana è animato dalla volontà di compiere il disegno del Padre, in una dedizione totale. Noi siamo chiamati ad assumere lo stesso atteggiamento, camminando sulla via aperta dal Figlio di Dio fatto uomo, per condividere così il suo cammino verso il Padre.[14]

 RIFERIMENTI ECCLESIALI

 Nella Chiesa, la missione della nostra Congregazione è quella di rendere continuamente attuale l'"oggi" di Betlemme, cioè l'Incarnazione di Cristo, mistero di salvezza e liberazione per tutti gli uomini. "Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc. 2,10).

Nella nostra spiritualità natalizia, che deriva dal carisma ricevuto, sono da sempre vive come due sorgenti, due fonti ispirative del nostro modo di essere e del fare che ne scaturisce, due principi che ritroviamo nelle Costituzioni,  proprio nel primo articolo della parte prima dove si parla della Natura, fine e spirito della Congregazione: La Congregazione delle suore del SS. Natale…. ha per fine di procurare la gloria di Dio mediante la santificazione delle suore che la compongono e l'esercizio della carità e dell'apostolato nelle opere della Comunità.[15]

La gloria di Dio e l’esercizio della carità… sembra di risentire l’inno angelico:  "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".[16] Il Salvatore che ci è nato a Betlemme unisce in sé il cielo e la terra, la gloria di Dio e la pace per gli uomini.  “Il Verbo e la carne, la gloria divina e la sua tenda tra gli uomini! È nell'unione intima e indissociabile di queste due polarità che sta l'identità di Cristo..”[17]

Dall’identità di Cristo traiamo la nostra come consacrate a Lui nel mistero della Sua nascita e perciò il ripensare la nostra presenza nella Chiesa e per il mondo può essere fatto solo alla luce del Suo apparire a Betlemme come Figlio del Padre e Salvatore di “tutto il popolo”.

Svolgendo il compito di applicare il titolo del Capitolo a riflessioni, ricerche e confronti per giungere a scelte concrete e operative, dobbiamo, pertanto, chiederci: che cosa significa per noi oggi, essere suore del Santo Natale secondo  questa identità  che racchiude in sé la contemplazione del mistero abissale dell’Incarnazione e la spinta a farsi carico della realtà da trasformare, da salvare, da portare a Dio.

Come ci ricordava Giovanni Paolo II: “Duemila anni di storia sono passati senza attenuare la freschezza di quell'« oggi » con cui gli angeli annunciarono ai pastori l'evento meraviglioso della nascita di Gesù a Betlemme”[18]. E ancora in un altro documento: “La nascita di Gesù a Betlemme non è un fatto che si possa relegare nel passato. Dinanzi a lui, infatti, si pone l'intera storia umana: il nostro oggi e il futuro del mondo sono illuminati dalla sua presenza. Egli è « il Vivente » (Ap 1, 18), « colui che è, che era e che viene » (Ap 1, 4). Di fronte a lui deve piegarsi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sottoterra, ed ogni lingua proclamare che egli è il Signore (cfr Fil 2, 10-11). Incontrando Cristo ogni uomo scopre il mistero della propria vita.”[19]

Se, com’è vero, Egli è il Vivente e la Sua Incarnazione è una realtà storica che nello stesso tempo va al di là di ogni barriera temporale e locale, a noi che traiamo ispirazione per la nostra vita di consacrazione da questo ammirabile mistero, quale missione  affida, dunque, oggi, la Chiesa che è il prolungamento, nel tempo e nello spazio, di Cristo stesso?

Sicuramente, almeno da quanto si può dedurre dagli ultimi documenti sulla vita consacrata, ci viene chiesto innanzitutto di essere noi stesse, di fare continuamente riferimento al dono ricevuto tramite i fondatori e di essere attente, nello stesso tempo, ai segni dei tempi, ai bisogni della Chiesa e del mondo.

Si tratta di quella fedeltà creativa al carisma di cui parla il numero 37 dell’ esortazione apostolica Vita Consacrata: “Gli Istituti sono dunque invitati a riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi. Questo invito è innanzitutto un appello alla perseveranza nel cammino di santità attraverso le difficoltà materiali e spirituali che segnano le vicende quotidiane. Ma è anche appello a ricercare la competenza nel proprio lavoro e a coltivare una fedeltà dinamica alla propria missione, adattandone le forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in piena docilità all'ispirazione divina e al discernimento ecclesiale.”[20]

Per vivere questa fedeltà il punto di riferimento non può che essere ancora e sempre Cristo stesso: “Gesù è la vera novità che supera ogni attesa dell'umanità e tale rimarrà per sempre, attraverso il succedersi delle epoche storiche. L'incarnazione del Figlio di Dio e la salvezza che egli ha operato con la sua morte e risurrezione sono dunque il vero criterio per giudicare la realtà temporale e ogni progetto che mira a rendere la vita dell'uomo sempre più umana.” [21]

Comprendiamo allora, che prima di tutto ci è chiesto di ripartire da Cristo. Da Lui, dal mistero della Sua nascita possiamo trarre il nutrimento per rinvigorire la nostra vita spirituale e nello stesso tempo trovare la spinta e la motivazione per la nostra vita di comunione e per l’azione apostolica. “Quando si riparte da Cristo la spiritualità di comunione diventa una solida e robusta spiritualità dell’azione dei discepoli ed apostoli del suo Regno. Per la vita consacrata ciò significa impegnarsi nel servizio ai fratelli nei quali si riconosce il volto di Cristo. Nell’esercizio di questa missione apostolica, essere e fare sono inseparabili perché il mistero di Cristo costituisce il fondamento assoluto di ogni azione pastorale. Il contributo dei consacrati e delle consacrate all’evangelizzazione «sta (perciò) innanzi tutto nella testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, ad imitazione del Salvatore che, per amore dell’uomo, si è fatto servo»”.[22]

Nella Chiesa e nel mondo le emergenze sono tante e di vario genere, ma la direzione specifica in cui far dirigere le nostre risorse ci viene ripetutamente indicata dal magistero in piena sintonia con quanto già, a sua tempo, hanno sentito, desiderato, vissuto e pagato con sofferenze personali i nostri fondatori: “l’opzione preferenziale per i poveri”.

Nell’Esortazione Apostolica “Vita Consecrata”, Giovanni Paolo II, nel capitolo III dedicato al Servitium Caritatis, scrive: “La Chiesa, assumendo come propria la missione del Signore, annuncia il Vangelo ad ogni uomo e ad ogni donna, facendosi carico della loro salvezza integrale. Ma con un'attenzione speciale, una vera «opzione preferenziale», essa si volge verso quanti si trovano in situazione di maggiore debolezza, e pertanto di più grave bisogno.

«Poveri», nelle molteplici dimensioni della povertà, sono gli oppressi, gli emarginati, gli anziani, gli ammalati, i piccoli, quanti vengono considerati e trattati come «ultimi» nella società. L'opzione per i poveri è insita nella dinamica stessa dell'amore vissuto secondo Cristo. Ad essa sono dunque tenuti tutti i discepoli di Cristo; coloro tuttavia che vogliono seguire il Signore più da   vicino,imitando i suoi atteggiamenti, non possono non sentirsene coinvolti in modo tutto particolare”.[23]

Nel capo II dello stesso capitolo ribadirà ancora, a proposito della testimonianza della povertà: “Tale testimonianza si accompagnerà naturalmente all'amore preferenziale per i poveri e si manifesterà in modo speciale nella condivisione delle condizioni di vita dei più diseredati”.[24]

Nell’Esortazione Apostolica Ecclesia in Europa, il Papa torna ancora sull’argomento con queste parole: “All'intera Chiesa è chiesto di ridare speranza ai poveri. Accoglierli e servirli significa per essa accogliere e servire Cristo (cfr Mt 25, 40). L'amore preferenziale per i poveri è una dimensione necessaria dell'essere cristiano e del servizio al Vangelo. Amarli e testimoniare loro che sono particolarmente amati da Dio significa riconoscere che le persone valgono per se stesse, quali che siano le loro condizioni economiche, culturali, sociali in cui si trovano, aiutandole a valorizzare le loro potenzialità”.[25]

A queste parole del Papa fanno eco quelle della Sacra Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata che nell’’Istruzione Ripartire da Cristo scrive: “Il secolo e il millennio che si avviano dovranno ancora vedere, ed anzi è auspicabile che lo vedano con forza maggiore, a quale grado di dedizione sappia arrivare la carità verso i più poveri. Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi……Certo, non va dimenticato che nessuno può essere escluso dal nostro amore, dal momento che con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo  Ma stando alle inequivocabili parole del Vangelo, nella persona dei poveri c'è una sua presenza speciale, che impone alla Chiesa un'opzione preferenziale per loro. Attraverso tale opzione, si testimonia lo stile dell'amore di Dio, la sua provvidenza, la sua misericordia, e in qualche modo si seminano ancora nella storia quei semi del Regno di Dio che Gesù stesso pose nella sua vita terrena venendo incontro a quanti ricorrevano a lui per tutte le necessità spirituali e materiali”.[26]

Nella nostra riflessione capitolare, nel nostro andare fino a Betlemme per ritrovare, alla luce della nascita di Gesù, il senso e la direzione del nostro cammino futuro, non possiamo prescindere da questi richiami ripetuti del magistero ecclesiale che, in perfetta sintonia con quanto hanno vissuto e scelto il Padre Fondatore e Madre Natalina, ci richiamano alla fedeltà al dono dello Spirito.

 RIFERIMENTI CARISMATICI

Il titolo del Capitolo si qualifica già, di primo acchito, come pienamente centrale rispetto al carisma. La Parola da cui trae l’ispirazione è quella fondante, il riferimento è al brano di Luca capitolo secondo che narra l’evento storico della nascita di Cristo. Anche il sottotitolo fa riferimento a questo evento come fatto da cui deve ricevere luce il ripensare la nostra presenza nella Chiesa e nel mondo. L’intento è pertanto quello di muoverci nel solco di una rinnovata fedeltà al dono fatto dallo Spirito al P. Fondatore e a Madre Natalina alla periferia di Torino, negli ultimi anni di quel secolo XIX che ha visto il meraviglioso fiorire, in questa città, di opere e di istituzioni a favore dei più diseredati.

Come ben sappiamo:  “Un carisma è sempre suscitato dallo Spirito per venire incontro a una particolare necessità della Chiesa e del popolo di Dio. Molto spesso nella storia degli Istituti è stata proprio la percezione di tali specifiche urgenze che ha spinto fondatori e fondatrici a dar vita a opere che vi rispondessero. Ogni famiglia religiosa, insomma, è nata con un preciso obiettivo apostolico.”[27]

Anche Padre Francesco e Madre Natalina, mossi dall’urgenza della carità, dal desiderio di “servire il Signore nei suoi poverelli”,[28] cercarono di dare una risposta concreta al bisogno di tanti piccoli rimasti soli e tanti malati poveri e abbandonati. Scriveva Don Francesco Bono a proposito della fondazione della Congregazione: “ Stringeva il cuore nel vedere tanti poveri fanciulli specialmente del sesso femminile girovagare quasi affatto abbandonate ed esposte a tutti i pericoli che cresceva senza istruzione e timor di Dio. Sentivasi vivo il desiderio che in questo distretto parrocchiale sorgesse qualche religiosa comunità che ne prendesse cura di tante povere ragazze almeno delle più bisognose ed orfane”[29]

Come era già avvenuto per tante altre anime generose, vissute nello stesso tempo e negli stessi luoghi,  iniziava anche per loro un’avventura dello Spirito.

“Ci fu un unico tema centrale teologico che accomunò i fondatori dell’ottocento, questo fu l’amore a Cristo. Per amore a Lui ci si consacra al servizio del prossimo e, l’impegno educativo e caritativo diventano quindi partecipazione al mistero di Cristo Salvatore e Redentore.

In questo tipo di spiritualità vi è un’attenzione a cercare Dio nell’uomo e quindi nella realtà e si va a Dio non con un cammino di astrazione ma attraverso il vivere concreto, nel servizio, nella carità.”[30]

E’ proprio questa spiritualità dell’Incarnazione che si rifà al gesto d’amore di Dio che viene a  cercare le sue creature perdute e allontanate da Lui dal peccato, e nella sua ricerca d’amore non trova di meglio che farsi uno come noi. E’ questa spiritualità che ha avvinto, travolto e condotto la vita dei nostri fondatori che ancora oggi invita anche noi, che da loro l’abbiamo ereditata, a guardare la realtà attorno a noi e dentro di noi cercando la presenza di Dio, desiderando comunicarla là dove non appare e ci chiede di farci strumenti di comunione con Lui, di trasmissione della Sua misericordia, della Sua tenerezza per  le Sue creature a partire dai più piccoli e dai più deboli. E’ questa esigenza di essere sempre più autenticamente suore del Santo Natale, sempre più fedeli alla vocazione che abbiamo ricevuta, che ci motiva nel lavoro capitolare che stiamo per svolgere.

Come ci ricordava il Dott. Becciu:  “vi viene chiesto di raccogliere e di rispondere alle sfide del presente in riferimento all'attualizzazione storica del carisma…… La storia chiede al prossimo Capitolo Generale di interrogarsi sul dove andare….….e gestire l'innovazione intesa non come modernismo ma come continua ricerca dell'ascolto della realtà, per capire cosa la storia stia chiedendo oggi a voi, che risposta profetica dare al grido del minore, intendendo per minore originariamente il bambino ma potete anche trovare altri minori sulla vostra strada…..

Voi avete il carisma del Natale, avete il carisma dell'Incarnazione, avete il carisma dell'accogliere le nascite, cioè le realtà quotidiane. E' lì che si costruiscono le grandezze e le idealità. Non nelle grandi intenzioni. ….”[31]

Il magistero richiama ripetutamente a prendere coscienza delle realtà di povertà, di disagio, di attesa di giustizia di tanti fratelli e sorelle. Ci invita a vivere quel vedere per obbedire e servire che sono il leit motiv dell’Incarnazione del Verbo,  dell’avventura dei nostri fondatori e della storia della Congregazione.

In effetti sono tanti, nel nostro tempo, i bisogni che interpellano la sensibilità cristiana. Il nostro mondo comincia il nuovo millennio carico delle contraddizioni di una crescita economica, culturale, tecnologica, che offre a pochi fortunati grandi possibilità, lasciando milioni e milioni di persone non solo ai margini del progresso, ma alle prese con condizioni di vita ben al di sotto del minimo dovuto alla dignità umana. È possibile che, nel nostro tempo, ci sia ancora chi muore di fame? chi resta condannato all'analfabetismo? chi manca delle cure mediche più elementari? chi non ha una casa in cui ripararsi?[32]

“La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza. La Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo. In questa famiglia non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario. Al contempo però la caritas-agape travalica le frontiere della Chiesa; la parabola del buon Samaritano rimane come criterio di misura, impone l'universalità dell'amore che si volge verso il bisognoso incontrato « per caso » (cfr Lc 10, 31), chiunque egli sia”[33].

Questi richiami non cadono nel vuoto ma trovano nei nostri cuori una risonanza, un desiderio di rispondere secondo la nostra piccolezza. Vogliamo rispondere all’amore di Dio che ci ha amati per primo “e questo amore di Dio è apparso in mezzo a noi, si è fatto visibile in quanto Egli « ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui ». [34]” Egli per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l'amore. Dio non ci ordina un sentimento che non possiamo suscitare in noi stessi. Egli ci ama, ci fa vedere e sperimentare il suo amore e, da questo « prima » di Dio, può come risposta spuntare l'amore anche in noi.”[35]

Dall’esito del questionario appare chiaramente espressa dalla Comunità l’attesa di “contribuire ad approfondire il carisma e ad incarnarlo nella vita apostolica.”[36].

Il Padre che nel Suo grande amore per le Sue creature ha mandato il Figlio a prendere la nostra carne mortale e  a farsi uno di noi, il Signore Gesù che apparendo a Betlemme si è unito in certo modo a ogni uomo"[37]e lo Spirito Santo, artefice dell’Incarnazione nel grembo verginale di Maria, ci aiutino a svolgere in pienezza il nostro compito per rispondere a queste attese della Chiesa, del mondo e dei nostri cuori stessi.

[1] “Con il termine ‘organizzazione’ abbiamo inteso rappresentare tutte quelle variabili afferenti alla tematica del ‘management’ in una organizzazione. Vale a dire, la gestione delle strutture, dell’economia, delle mansioni, dell’organigramma, dei compiti, degli orari, delle risorse umane, della composizione numerica delle comunità e dei gruppi di lavoro, ecc.  ( M. Becciu, A. Colasanti, Riflessioni conclusive, pag. 5 )

 

[2] Archivio di Casa Madre, Manoscritto, Breve cenno sull’origine del Pio Istituto delle Suore del SS Natale, 1903

[3] Lc 2,1-20

[4] Lc 2,8-20

[5]Nelle rappresentazioni immaginative, attraverso metafore, il campione ha prodotto, seppur tra rare criticità, immagini ispirate al positivo, all’ottimismo per il futuro, ai fondamenti carismatici della famiglia religiosa, alle rappresentazioni concernenti soprattutto il mistero del S. Natale ( M. Becciu, A. Colasanti, Riflessioni conclusive, pag. 2)

[6] “Esso ha il compito di promuovere il continuo rinnovamento spirituale e apostolico della Congregazione, nella fedeltà allo spirito e carisma del Fondatore, per il bene della Chiesa” (Cost. art 150)

7] Cost. art.5;  vedi anche Dirett art..4

[8] P. Luca Isella, Approfondimento del significato biblico-teologico-carismatico

del titolo del XXII° Capitolo Generale

[9] Ebr 10,4-7

[10] Fil 2,5-11

[11] P. Luca Isella, Approfondimento del significato biblico-teologico-carismatico

del titolo del XXII° Capitolo Generale

[12] Gv 1,1

[13] Eb 10,7

[14] L’Incarnazione, ingresso dell’eternità nel tempo: Catechesi 10 dicembre 1997 (Giovanni Paolo II)

[15] Cost art. 1

[16] Lc 2,14

[17] NMI 21

[18] NMI I,4

[19] G.Paolo II, Bolla d’indizione del grande Giubileo, I

[20] VC 37

[21] G..Paolo II, Bolla d’indizione del grande Giubileo, I

[22] CISVSVA, Ripartire da Cristo, 34

[23] VC 82

[24] VC 90

[25] Ecclesia in Europa,  86

[26] RdC  IV,49

[27] A. Cencini, Amerai il Signore Dio tuo, EDB, Bologna 1986, pag. 47

[28] M: Natalina Cavagnero, Quadernetto autobiografico, pag. 8

[29] Archivio di Casa Madre, Manoscritto, Breve cenno sull’origine del Pio Istituto delle Suore del SS Natale, 1903

[30] A. Bazzi, Spiritualità e pedagogia dell’accoglienza nella Congregazione delle Suore del Santissimo Natale a Torino, 1890 -1974, Tesi di laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

[31] M. Becciu, L’accoglienza fraterna nel Natale, Conferenza tenuta in Casa Madre il 13 – 14 marzo 2009

[32] NMI 50

[33] Deus caritas est, II, 25

[34] 1 Gv 4, 9

[35] Deus caritas est, I,17

[36] Vedi: M. Becciu, R. Colasanti,  Riflessioni conclusive, pag. 5

[37] GS  22